Finalmente il Museo della Scienza di Roma … ma forse manca la museologia

Una “never ending story” che si realizza?

Qualche settimana fa in Campidoglio si è chiuso il concorso internazionale di progettazione per il Museo della Scienza di Roma ed è stato proclamato il vincitore: Il progetto architettonico “Science Forest” di ADAT Studio, un gruppo di giovani architetti romani. 

Tutto il merito va senza dubbio alcuno alla forte determinazione del Sindaco Gualtieri che si manifestò già prima delle elezioni che lo proclamarono sindaco, e alla assoluta concreta capacità organizzativa e fattuale del giovane e dinamico Assessore Veloccia, che guida l’assessorato capitolino all’urbanistica. Sono stati rispettati i tempi che il Comune si era prefissato e oggi si dispone di un progetto, dicono gli architetti, di altissima qualità scelto da una giuria internazionale di assoluto prestigio che ha lavorato con passione e professionalità scegliendo tra oltre 70 proposte progettuali. “Un successo importante – dice l’assessore Veloccia – una iniezione di ottimismo e di fiducia per Roma, che torna a progettare ed a pensare in grande. Con il Museo della Scienza e la Rigenerazione della Caserma da parte di Cassa Depositi e Prestiti, il grande MAXXI, il lavoro del Foro Italico, il recupero dello stadio con l’ipotesi progettuale che vorremmo fosse presentata quanto prima da CDP e Credito sportivo e con gli interventi di Sapienza nel Borghetto, il Flaminio è uno dei quadranti di più intensa trasformazione urbanistica. Vogliamo esaltare in modo coordinato e unitario questa trasformazione, valorizzando l’idea del Distretto del Contemporaneo lanciata dell’ambasciatore Vattani a cui stiamo lavorando con Sapienza e con tante personalità, a partire dal Prof. Purini”.

Assolutamente legittimi e dovuti i meriti di questa Giunta alla quale va riconosciuto il merito di aver recepito immediatamente i suggerimenti dell’Accademia dei Lincei e della Università Sapienza per portare a termine e dare concretezza di fattibilità a un progetto più che quarantennale che vedeva questo Museo localizzato prima a Via Giulia, poi al Gazometro e, in tempi più recenti, a Tor Vergata e infine alle Caserme dismesse di Via Guido Reni, quarant’anni di tentativi e di fallimenti che hanno visto, oltre al mio lavoro di direttore della Cultura scientifica capitolina, personaggi e politici di grande statura e di grandi possibilità come Antonio Ruberti, ministro della repubblica e poi commissario europeo per la ricerca, sindaci come Luigi Petroselli, Francesco Rutelli e Walter Veltroni e Ignazio Marino e assessori come Gianni Borgna e Umberto Croppi.

Continua l’Assessore Veloccia con legittima fierezza: “Le prossime tappe sono chiare: progettazione definitiva e autorizzazioni nel 2024 e gara con avvio delle opere nel 2025. In questo tempo dobbiamo definire le modalità gestionali del Museo. Io vedo bene una fondazione, con il coinvolgimento anche del governo nazionale, sia nella fase realizzativa che in quella gestionale”. A otto mesi dall’indizione del bando del concorso internazionale, la giuria presieduta dall’architetto Daniel Libeskind ha scelto il progetto vincitore tra i 5 selezionati su oltre 70 partecipanti. “Science Forest”, dello studio romano Adat, sarà realizzato nel complesso delle ex caserme di via Guido Reni del quartiere Flaminio.

La commissione giudicatrice lo presenta come “un progetto innovativo e pienamente sostenibile, pensato come un ampio parco aperto e coperto, dove aule studio e aule museali diventano capsule sospese, all’interno di una grande serra incorniciata dal verde e connessa con l’esterno. Il Museo dialogherà con la città, sarà un centro di ricerca e di documentazione della cultura scientifica, ma anche di confronto e di scambio attraverso la promozione di mostre, incontri con scienziati, laboratori interattivi e attività di divulgazione della scienza di respiro internazionale.”

Bello, è probabile, lo studieremo; ma forse l’iter progettuale poteva iniziare in modo diverso, con propedeuticità.

Belle parole certamente, quelle degli architetti, ma se si entra nello specifico museale e di museologia scientifica in particolare, ancora non si percepisce con chiarezza cosa e come dovrà essere questo museo, che ci sarà dentro. C’è ancora abbastanza nebbia sui contenuti , ma intanto si progetta un contenitore che diventa un’ode all’architettura. Poi qualcuno ci adatterà dentro qualcosa.

L’esperienza accumulata in vent’anni per aver coordinato vari progetti di realizzazione della “Città della scienza di Roma” mi porta a considerare che l’amministrazione Comunale di Roma abbia fatto due errori nell’iter progettuale del nuovo museo della scienza. Ha creato infatti quello che ha chiamato impropriamente un comitato tecnico scientifico composto da personalità di altissimo livello ma più adatte ad un comitato d’onore o di garanti.

Nel Febbraio 2022 la Giunta Capitolina ha infatti approvato le «Linee programmatiche e d’indirizzo per la progettazione e realizzazione della Città della Scienza», ora Museo della Scienza di Roma, confermando la volontà e l’impegno nella realizzazione del nuovo museo, quale “servizio culturale urbano, altamente specializzato, di esposizione, educazione e ricerca, che dovrà rappresentare tutti gli aspetti multidimensionali della scienza: logico/filosofico, metodologico, sperimentale, applicativo, storico sociale.
Questo Comitato Tecnico Scientifico, presieduto dal professor Giorgio Parisi, Premio Nobel per la Fisica nel 2021, comprende il Ministro dell’Università e ricerca, il Rettore di Sapienza Università di Roma, il Presidente del CNR, il Presidente dell’Accademia dei Lincei, tre prorettori di Roma Tre, di Tor Vergata e di Sapienza, i direttori e i presidenti dell’Osservatorio Astronomico INAF, dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, dell’Agenzia Spaziale Italiana, dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e dell’Istituto Nazionale di Astrofisica, il Presidente e due membri della Commissione Musei dell’Accademia dei Lincei, l’Assessore alla cultura del Municipio Roma II, il segretario dell’ANMS, il presidente di Codice Edizioni e, finalmente un Museografo, peraltro Architetto e Critico di Architettura. Tutte queste importanti figure danno certamente lustro ad un progetto d i questa portata ma, ripeto, devono comparire in un comitato onorario o di garanti, di altissima rappresentanza che garantisca la bontà, anzi l’eccellenza di un comitato tecnico scientifico che deve “inventare” ex novo un grande museo scientifico e che ratione materiae deve essere formato da esperti di museologia scientifica di chiara fama, da professionisti di comunicazione della scienza, di conservazione e di educazione museale e, possibilmente, di respiro internazionale.

Un gruppo di lavoro di tecnici, quindi, che avrebbe dovuto fornire all’Amministrazione Capitolina un documento di assoluta avanguardia museologica per bandire non certo un concorso di Architettura ma un concorso per individuare i contenuti precisi del museo che si sta ipotizzando e un piano di fattibilità e di sostenibilità complessiva. E solo allora partire con il relativo bando architettonico.

Il documento prodotto dalla commissione cerca per quanto possibile di “definire le caratteristiche del progetto culturale e scientifico e di individuare problematiche e potenzialità del nuovo polo museale/scientifico; di individuare le funzioni da insediare e di definire la visione funzionale e progettuale del polo”:

Sintetizzo, il futuro Museo:

  • Dovrà avere una natura eminentemente culturale.
  • Dovrà rappresentare la cultura scientifica – e il suo metodo, quale elemento di raccordo – e favorire ogni interazione possibile con altri ambiti culturali.
  • Dovrà caratterizzarsi come centro di una rete, con le funzioni di connessione e valorizzazione delle diverse realtà cittadine a carattere scientifico
  • Dovrà essere una rilevante “opera” di architettura.
  • Dovrà dotarsi di una progettualità museografica originale
  • Dovrà munirsi di idonei strumenti di facilitazione all’interpretazione dei contenuti esposti

Con assoluto rispetto per il lavoro fatto, mi sembra troppo generale e troppo datato. Un team d’avanguardia internazionale di museologi e museografi ne avrebbe individuato in altro modo contenuti, trama concettuale, nuovi linguaggi e linea museologica, cercando poi anche precise forme di contaminazioni culturali più allargate. Questo grande progetto romano, ultimo arrivato sulla scena, avrà di certo gli occhi di tutto il mondo puntati su di sé, tanto più che nasce all’inizio di questo cambiamento epocale che chiamiamo Antropocene che farà parlare ai musei scientifici linguaggi totalmente nuovi con integrazioni del tutto originali.

Tutta la cultura scientifica e tutta la museologia italiana, e non solo, faranno certamente il tifo perché Roma possa godere finalmente di questo nuovo e grande museo della scienza, degno di una capitale moderna, che aiuti tutti ad affrontare con conoscenza e coinvolgimento il problematico futuro che ci attende.


Qui di seguito il link al “Concept per un Museo delle Scienze di Roma elaborato dalla Commissione Tecnico Scientifica”

https://museoscienza.competitionarchitecturenetwork.it/docs/allegati/C_Concept_Museo_della_Scienza_Commissione_Scientifica.pdf


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6 risposte a “Finalmente il Museo della Scienza di Roma … ma forse manca la museologia”

  1. Avatar Giuseppe Pinzari
    Giuseppe Pinzari

    Vedremo…

  2. Avatar FRANCO ANDREONE

    DI MUSEI DELLA SCIENZA E DI ALTRE AVVENTURE
    Leggo sul Blog dell’amico Vincenzo Vomero la news sul futuribile (futuristico?) Museo della Scienza di Roma. Con piacere prendo atto dell’auspicata “end” della neverending story museologia romana. E qui vorrei andare a commentare un po’ la situazione, esprimento la mia opinione (per quel che conta). Devo premettere innanzitutto, a titolo squisitamente personale, di non essere un grande follower dei cosiddetti “science center” aka “musei della scienza” (MDS). Vero è che negli ultimi anni ci sono state varie contaminazioni ed è oggigiorno assai difficile distinguere e identificare tassonomicamente un MDS. Spesso e volentieri particelle di MDS si trovano anche in altri contesti museologi i naturalistici, come per esempio nel MUSE Museo della Scienza di Trento, che prioritariamente dovrebbe essere un Museo di Storia Naturale, ma che poi è diventato qualcosa d’altro. In effetti rimango tuttora piuttosto ancorato a un concetto più tight di “museo di storia naturale”, con le sue sante collezioni naturalistiche, i benedetti “voucher specimen” e gli innumerevoli fogli di erbario (oltre ad auspicate collezioni di tissue sample, di DNA, di vocalizzazioni, di tanti altri parametri e campioni). I MDS hanno, ovviamente e indubbiamente dalla “loro”, il proprio grande valore prioritario, educativo e didattico. Ma hanno a mio parere una funzione che è significativamente differente (seppur spesso complementare) da quella di un museo di storia naturale sensu stricto, che attiene maggiormente gli aspetti attivi di conservazione della “gaia-diversità” (mio neologismo = biodiversità + geodiversità + ecodiversità + antropodiversità, ecc. ecc.; mi hanno però detto che parlare di “gaydiversity” sarebbe un po’ hard nel presente clima politico italiano:-), della scoperta e della descrizione della natura in un solco post-vittoriano e neo-esplorativo. I due tipi di istituzione hanno innegabilmente e auspicabilmente funzioni complementari, più di studio e di ricerca l’uno, più di divulgazione e di educazione l’altro. Però (e perciò) mi fa grandissimamente piacere che a Roma nasca un grande centro dedicato alla scienza. Ci mancherebbe. Probabilmente sarà anche dedicato a Piero Angela, come giusto e dovuto tributo. Forse è anche tempo che venga realizzato (sempre a Roma auspicabilmente) un (forse _il_) National Repository dove vengano depositate privilegiatamente le collezioni di storia naturale del Belpaese. Le due istituzioni dovranno dialogare, logicamente e necessariamente. A Roma c’è poi il Museo Civico di Zoologia, il Bioparco, e tanti altri punti museologici. Spero che questo sia lo scenario futuro e che aiuti a rilanciare la cultura scientifica e naturalistica in Italia. Però, e per chiudere la chiosa, il rendering che accompagna il progetto è molto simile al Giardino della Biodiversità di Padova: una combinazione? Io mi trovo sempre molto a mio agio nelle serre tropicali, da quelle di Kew Gardens di Londra a quelle del Jardin des Plantes di Parigi, a quella della foresta pluviale tanzaniana del MUSE alla fantastica Masoala Regenwald dello Zoo di Zurigo. Se anche a Roma si materializzerà una piccola foresta pluviale di sicuro andrò a visitarla. Ma da capire come una foresta in scatola si calibri con un Museo della Scienza. Ma sono cose da vedere in cammino d’opera. 

  3. Avatar Paolo Bonavita
    Paolo Bonavita

    Contento del tuo ottimismo, Vincenzo.
    Non sono un esperto di museologia, ma noto che nel comitato ci sono circa 9-10 fisici, e se non erro quasi zero per zoologi e botanici. D’altra parte quanto espresso nel concept è molto da fisici.
    Bah, sarà come con il festival del cinema?
    E questo nuovo MDS dovrà “controllare” le varie realtà museali romane?
    Un salutone e …. vedremo

  4. Avatar Emiliano Bruner

    L’Italia è un Paese profondamente destrutturato dalla corruzione, dalla superficialità, e dall’inguacchio … L’amministrazione è, quasi sempre, fatiscente e improvvisata … il sistema politico è storicamente instabile e colluso … quello accademico è, troppo spesso, sgangherato e maneggione … Sarebbe davvero ingenuo pensare che in una situazione come questa un progetto, grande o piccolo che sia, possa essere portato avanti senza problemi, e con risultati eccellenti. Bisogna quindi essere sinceri sin dall’inizio: si farà quel che si può. Primo, bisogna mettere nel “modello” tutte le magagne italiane. L’incompetenza e l’inciucio devono far parte della previsione, sennò poi ci sono le inevitabili (e ovvie) sorprese. Secondo, se uno si mette in un casino come questo (un progetto enorme che attirerà orde di sciacalli e parassiti di tutte le specie!) lo deve fare con una sana accettazione: quello che viene viene. Si deve partire dal presupposto che, qualunque sia risultato, potrà apportare, in una certa misura, alla cultura e alla conoscenza. Ovvero, come sempre, deve valere più l’intenzione che il risultato, anche se l’impegno verso il risultato deve essere indiscutibile (e, i controlli, severi). Questa dovrebbe essere una legge di vita e di benessere generale, ma quando la situazione è demotivante (e, siamo sinceri, la cultura italiana è quella che è), è ancora più necessaria, da un lato per continuare a portare avanti progetti e valori, e al tempo stesso per non farsi amareggiare la vita dagli inevitabili insuccessi. O dai successi, diciamo, parziali. Quindi ecco, sia quello che sia, impegno massimo, ma senza aspettarsi una risposta che sia alle altezze delle aspettative. L’impegno dipende dall’individuo, ma il risultato dipende dalla comunità. Il lungo (lunghissimo) tempo di gestazione e macerazione di questo progetto, e i suoi mille cambiamenti strada facendo, già ci dicono che gli intessi in gioco sono diversi, così come diversi e molteplici sono gli interessati.

    Detto questo, ho un dubbio sul “museo”. Io continuo a dare importanza alla teoria e alle definizioni, perché se c’è confusione in questo senso tutto è più difficile, aumentano le crepe, e ci si infiltrano meglio i parassiti. E, almeno nella teoria, per “museo” si dovrebbe intendere una istituzione che si sostiene su divulgazione, collezioni e ricerca. Sappiamo che di queste tre zampe ognuna sostiene saggiamente le altre due, e la loro interazione (o assenza di) fa la differenza. Non ho capito quindi se, in questo caso, sarebbe un museo “vero”, o piuttosto uno spazio didattico e divulgativo (esposizioni) che, per ragioni propagandistiche, si etichetta come “museo”. Vista la generalità del progetto, sospetto sia la seconda. Ma, giusto per caso, domando: ci saranno collezioni e ricercatori, o è solo uno spazio espositivo?

    1. Avatar FRANCO ANDREONE

      Le esposizioni in Italia sembra che siano il dio fatto uomo. Tutto si fa per esporre e per i visitatori. Un museo senza esposizioni non esiste, ma un museo senza collezioni può benissimo esserci. Per questo anch’io propendo per la seconda ipotesi, quella del parco espositivo. Stiamo a vedere.

  5. Avatar Spartaco Gippoliti
    Spartaco Gippoliti

    Sono d’accordo con il Bruner e mi accontenterei di un bel palazzo del pensiero scientifico. Le collezioni non sono previste e questo semplifica organigramma. Volevo solo aggiungere che a Roma sono andate quasi completamente perdute due collezioni biologiche di grande rilevanza; quella dello Stabilimento Ittiogenico e quella dell’Istituto di Idrobiologia. Quel poco che si è salvato è stato grazie al Museo civico di Zoologia ma tra poco bisognerà salvare anche quello! E sapere che l’ANMS ha dichiarato di non essere favorevole ad un Museo nazionale di Storia Naturale (o della biodiversità) o almeno ad un Repository nazionale (Andreone et al., 2022) – che è cosa completamente diversa dal Museo della Scienza – non è cosa che lascia insensibili. Ma forse sono uscito dal tema……

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